Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

lunedì 2 gennaio 2023

Veritas




Quando si diffuse la notizia dello stato di salute precario di Benedetto XVI, decisi che non mi sarei unito al coro dei prevedibili commentatori che, come tutti vediamo, in questi giorni affolla le tv, i giornali e i social. Moltissimi sembrano avere qualcosa da dire e la stragrande maggioranza di essi dimostra di non conoscere affatto chi sia stato il papa che intendono commemorare. Ci si limita a colorire e a personalizzare l’immagine che di lui ne hanno costruito i media, atteggiandosi a pensatori indipendenti, ma purtroppo il risultato è la conferma di un’ignoranza di fondo che, prima solo sospettata, trova oggi una plateale manifestazione.
Frasi tipo “a me non è mai stato molto simpatico", risuonano sulla bocca di chi non entra in una Chiesa da tempo immemore, nè tantomeno ha mai letto qualcosa di Benedetto XVI o ha mai ascoltato un suo discorso, ma comunque non si esime dall’esprimere un giudizio.
Ancora frasi tipo “la Chiesa è finita",sulle labbra di chi già vive come se la Chiesa non esistesse, tranne nel ritenerla responsabile di ogni male del mondo. Negromanti che si arrogano il diritto di una propria dottrina, dettata direttamente dagli “spiriti di luce",non si accorgono di essere in caduta libera verso il luogo dove proprio quegli spiriti li stanno trascinando… eppure pretendono di guidare, di conoscere, di insegnare… ciechi che guidano altri ciechi.
I soliti gnostici (potevano mai mancare?) che si dichiarano depositari del vero cristianesimo, che chiaramente è solo quello che non è cattolico, un po’ di induismo, un po’ di tecnica di meditazione yoga et voilà… l’idiozia è servita.
Lascio volutamente perdere i media laicisti; quelli che, tanto per intenderci, apostrofavano Benedetto XVI come il “pastore tedesco” all’indomani della sua elezione al soglio pontificio. Non credo che siano degni di attenzione e il Signore comprenderà perché non ritengo opportuno dialogare col demonio.
Quello che mi spinge a scrivere queste righe, nonostante i miei propositi, è l’atteggiamento della gente comune… possibile che non si conosca Benedetto XVI nemmeno dentro la Chiesa?
Mi perdonerete per il tono aspro che non riesco ad evitare, ma non è possibile che i cattolici non conoscano i propri pastori e, nel descriverne i tratti, riproducano le stesse falsità dei nemici della Chiesa; perché di nemici si tratta, è bene che torniamo a chiamare le cose con il loro nome.
La carità che dobbiamo a questi nostri nemici è la proclamazione della Verità e non la tolleranza delle menzogne che, più o meno in buona fede, con vero e proprio zelo propagano ovunque.
Non è vero che ognuno è libero di pensarla come vuole; chi deliberatamente sceglie di aderire all’errore e lavora per la sua diffusione non sarà esentato dall’assumersene le responsabilità.
Queste ultime due frasi che ho usato vi sembrano troppo dure?
Nemmeno per sogno; sono anzi vere e proprie frasi d’amore. L’atto d’amore più elevato che un uomo possa fare verso il suo prossimo è la proclamazione della verità.
Va bene… ripeto il concetto in altro modo.

“La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera.
L'amore — « caritas » — è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (Gv 8,32)”.

(da “Caritas in Veritate”, enciclica di papa Benedetto XVI del 20/06/2009).

“Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione. L'immagine del matrimonio tra Dio e Israele diventa realtà in un modo prima inconcepibile: ciò che era lo stare di fronte a Dio diventa ora, attraverso la partecipazione alla donazione di Gesù, partecipazione al suo corpo e al suo sangue, diventa unione. La « mistica » del Sacramento che si fonda nell'abbassamento di Dio verso di noi è di ben altra portata e conduce ben più in alto di quanto qualsiasi mistico innalzamento dell'uomo potrebbe realizzare.”
(da “Deus caritas est”, enciclica di papa Benedetto XVI del 25/12/2005).

“L'Eucaristia, dunque, è costitutiva dell'essere e dell'agire della Chiesa. Per questo l'antichità cristiana designava con le stesse parole Corpus Christi il Corpo nato dalla Vergine Maria, il Corpo eucaristico e il Corpo ecclesiale di Cristo. Questo dato ben presente nella tradizione ci aiuta ad accrescere in noi la consapevolezza dell'inseparabilità tra Cristo e la Chiesa. Il Signore Gesù, offrendo se stesso in sacrificio per noi, ha efficacemente preannunciato nel suo dono il mistero della Chiesa. È significativo che la seconda preghiera eucaristica, invocando il Paraclito, formuli in questo modo la preghiera per l'unità della Chiesa: « per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo ». Questo passaggio fa ben comprendere come la res del Sacramento eucaristico sia l'unità dei fedeli nella comunione ecclesiale. L'Eucaristia si mostra così alla radice della Chiesa come mistero di comunione.”
(da “Sacramentum caritatis”, esortazione apostolica di papa Benedetto XVI del 22 febbraio 2007).

“Per questo Gesù dona all'uomo la piena familiarità con la verità e lo invita continuamente a vivere in essa. E’ una verità offerta come realtà che ristora l'uomo ed insieme lo supera e lo sovrasta; come Mistero che accoglie ed eccede nello stesso tempo lo slancio della sua intelligenza. E nulla come l'amore alla verità riesce a sospingere l’intelligenza umana verso orizzonti inesplorati. Gesù Cristo, che è la pienezza della verità, attira a sé il cuore di ogni uomo, lo dilata e lo colma di gioia. Solo la verità è infatti capace di invadere la mente e di farla gioire compiutamente. E’ questa gioia che allarga le dimensioni dell'animo umano, risollevandolo dalle angustie dell'egoismo e rendendolo capace di amore autentico. E’ l'esperienza di questa gioia che commuove, che attira l'uomo ad una libera adorazione, non ad un prostrarsi servile, ma ad inchinare il cuore di fronte alla Verità che ha incontrato.” (dal “discorso all’assemblea plenaria della congregazione per la dottrina della fede” di papa Benedetto XVI del 10/02/2006)

“L'importanza della domenica come Dies Ecclesiae ci richiama alla relazione intrinseca tra la vittoria di Gesù sul male e sulla morte e la nostra appartenenza al suo Corpo ecclesiale. Ogni cristiano, infatti, nel Giorno del Signore ritrova anche la dimensione comunitaria della propria esistenza redenta. Partecipare all'azione liturgica, comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo vuol dire nello stesso tempo rendere sempre più intima e profonda la propria appartenenza a Colui che è morto per noi (cfr 1 Cor 6,19s; 7,23). Veramente chi mangia di Cristo vive per Lui. In relazione al Mistero eucaristico si comprende il senso profondo della communio sanctorum. La comunione ha sempre ed inseparabilmente una connotazione verticale ed una orizzontale: comunione con Dio e comunione con i fratelli e le sorelle. Le due dimensioni si incontrano misteriosamente nel dono eucaristico. Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera. Chiamati, pertanto, ad essere membra di Cristo e dunque membra gli uni degli altri (cfr 1 Cor 12,27), noi costituiamo una realtà ontologicamente fondata nel Battesimo e alimentata dall'Eucaristia, una realtà che chiede di trovare riscontro sensibile nella vita delle nostre comunità.”
(da “Sacramentum caritatis”, esortazione apostolica di papa Benedetto XVI del 22 febbraio 2007).

E’ più chiaro ora chi è stato Benedetto XVI? Quale è il suo insegnamento e il suo magistero? Capito perché ogni giudizio che umanamente ci ostiniamo a dare del suo pontificato è destinato a sfociare nel ridicolo? L’unica cosa che di fronte al suo pensiero possiamo fare è tacere, meditare e chiedere a Dio la grazia di vivere come Benedetto XVI ci ha indicato; certi che la Carità nella Verità sia l’unica che apra le porte della comunione con Dio e con la vera Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.




Gennaro Cangiano (M.I.)




lunedì 26 dicembre 2022

Metànoia

 


"Colui che era fin da principio, colui che noi abbiamo udito, colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che contemplammo e che le nostre mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita – poiché la vita si manifestò e noi l’abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si manifestò a noi – colui che abbiamo veduto e sentito lo annunziamo a voi, affinché anche voi abbiate comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo.” (1Gv 1,1-3).


Cosa festeggiamo a Natale? La risposta potrebbe anche risultare banale se ci limitassimo a quello che immediatamente ci viene in mente: la natività di Gesù… ma non è questa la domanda a cui chiedo di rispondere. Quello che intendo chiedere è se, al di là dell’abitudine, della tradizione, del consumismo e anche al di là di quello che fin da bambini pensiamo di aver capito, ci sia una reale comprensione del senso delle cose. 

Intanto festeggiamo o celebriamo? Tutti festeggiano in realtà qualcosa di cui non hanno la benché minima idea… La festa vive di vita autonoma, in una parodia in cui il festeggiato non è nemmeno invitato; anzi per molti il festeggiato non esiste. Eppure festeggiamo e, a ben vedere, anche chi celebra sembra  non sapere bene quello che fa.

La verità è che stiamo parlando di un evento la cui portata metafisica è talmente enorme da sfuggire alla mente di noi poveri uomini; qualcosa che dovrebbe essere contemplato e meditato continuamente, invece di darlo superficialmente per scontato; eppure nessuno sembra reggere tale contemplazione. 

Come chi fissa il sole direttamente deve distogliere lo sguardo, così chi si sofferma in tale contemplazione deve abbassare gli occhi per non vedere la propria vita stravolta, le proprie convinzioni svuotate. Eppure il solo modo di comprendere quello di cui parliamo è proprio questo: la “μετάνοια” (metànoia), parola greca che letteralmente significa “oltre l’intendere”, “oltre il pensare” e che noi traduciamo abitualmente con “conversione”; parola che ha subito una tale svalutazione di significato che non ne comprendiamo più il senso spirituale e metafisico, l’unico che in realtà ha sempre avuto. Che cosa c’è oltre l’intendere e oltre il pensare? Oltre l’intendere c’è quello che non è nella nostra possibilità di conoscere (conoscenza: “γνῶσις”, “gnosi”) e che non è alla portata del pensiero; vale a dire non è concettualizzabile, ma è totalmente trascendente, totalmente altro da ogni possibile idea… Oltre l’intendere e oltre il pensare c’è solo l’intuizione, che non è frutto di procedimento razionale, ma puramente ispirato. Mentre il pensiero si manifesta in concetti traducibili in parole, l’intuizione si manifesta come inesprimibile se non in maniera simbolica (συμβάλλω, siumballo: “mettere insieme”, “accostare analogicamente”) e tale simbologia non è affatto casuale, ma è profondamente connessa alla natura stessa dell’essere: tutto è simbolo di qualcosa di più elevato e trascendente. Il significante rimanda ad un significato che lo trascende, lo supera e rivela la realtà dietro il velo della molteplicità e divenienza dell’essere. In due soli casi il significante ed il significato coincidono; in due soli casi cioè il simbolo rivela in se stesso la realtà del proprio significato profondo, fino a permetterci di intuire che è il senso stesso della realtà che si manifesta in maniera palese e non analogica: il primo caso è la nascita di Gesù a Betlemme, il secondo è l’evento del Calvario, Gesù crocifisso. Dal manifestarsi nella storia di tali eventi, ogni bambino che nasce rimanda analogicamente a Betlemme e ogni uomo che muore rimanda al Calvario; il significato di ogni nascita e di ogni morte, il senso dell’esistenza stessa di ogni essere umano è Dio. Tale manifestazione ha il potere di portare a compimento ogni sforzo religioso e spirituale dell’umanità in una maniera inconcepibile, se non ai profeti della tradizione ebraica. Le tradizioni non cristiane, che intravedono una verità incompleta, velata, talvolta distorta, in Cristo trovano anch’esse un senso inedito e nella tradizione cristiana (cattolica innanzitutto) la sintesi più completa.Il mistero nascosto dai secoli eterni si manifesta agli uomini di ogni tempo, che si ritrovano ad essere essi stessi simbolo e significante di una realtà giacente in una mangiatoia, davanti a cui le uniche scelte possibili sono l'adorazione o la fuga. Cosa sono le luci, la festa, il cibo, i regali… adorazione o fuga? Come si può contemplare il mistero, intuirne la portata esistenziale e continuare la vita di sempre? Come se il significato a cui rimanda la nostra stessa esistenza non esistesse, come se fosse realmente possibile sottrarsi ad esso, riducendo l'evento centro e senso della storia ad occasione conviviale che non intacca il nostro essere. E' possibile invece non intendere, vivere la propria esistenza sempre sulla superficie di una realtà rassicurante perché finta, senza mai voler comprendere per davvero il senso di noi stessi, ignorando chi siamo e l'abisso verso cui siamo diretti. Allora le luci, il cibo, la festa, il consumismo tipico del periodo natalizio non sono altro che un velo steso su quello che non vogliamo vedere; quello stesso velo del tempio che si squarció per l'evento del Golgota, esponendo alla vista il Santo dei Santi, lo abbiamo rammendato con cura, perché tornasse a nascondere la realtà dietro una sua rappresentazione accomodante, che non ci imponesse la messa in discussione di noi stessi. Quelle stesse luci, la festa, il cibo, le famiglie riunite sono invece luce che emana dal Santo dei Santi, ormai svelato, per chi si abbandona all'adorazione, senza fuggire, ma invece inginocchiandosi dinanzi al mistero dell'essere che si rivela. Gennaro Cangiano (M. I.) 

Post più popolari